21 maggio 2007

 

I vecchi italiani che muoiono

 

Lawrence Ferlinghetti è quasi novantenne e assomiglia a uno dei tanti personaggi dei suoi versi. Ma Lawrence è italo americano, niente a che fare con gli italiani che hanno varcato l’oceano che hanno affrontato la nuova vita senza trattini in mezzo alla loro classificazione etnica. Niente di personale ovviamente, ma soltanto una precisazione. Loro erano gli italiani. Quelli che descrive Gary Mormino nella sua prefazione di Immigrants of the Hill (Gli Immigrati del quartiere della Montagna di St. Louis) che lui nipote di immigrati non comprendeva, ma che lo ispirarono a cercare

Nelle sue radici per raccontare la loro vicenda umana in America.

Ferlinghetti, poeta e pittore di lontane origine bresciane, è noto soprattutto per il suo impegno anticonformista di casa nel suo negozio di libri, City Light Book-Store, nella zona storica italiani di North Beach di San farcisco prossima alla cattedrale di St. Peter and Paul. Ginsberg, Kerouac tanto per fare un esempio sono parte del suo impegno letterario.

Il Ferlinghetti che sembra lontano dalle sue radici emerge invece in questo canto dedicato a quella miriade di italiani che non hanno trovato cantori della loro fatica quotidiana, dei loro pensieri, delle loro idee. Gente che ormai se n’è andata. Quelli erano loro. Adesso ci sono gli italo americani, ma per loro ci saranno versi  di altro genere.

 

I vecchi italiani che muoiono

 

Per anni i vecchi italiani sono morti

in tutta l’America

Per anni i vecchi italiani dai cappelli di feltro sbiaditi

hanno preso il sole e sono morti

Li avete visti sulle panchine

del parco di Washington Square

i vecchi italiani con le scarpe nere a stivaletto

i vecchi con i vecchi cappelli alla tirolese

con i nastri macchiati

continuano a morire

giorno dopo giorno

Li avete visti

ogni  giorno a Washington Square  San Francisco

La campana lenta

suona il mattino

nella chiesa di Pietro e Paolo

nella chiesa di marzapane sulla piazza

verso le dieci del mattino la campana lenta suona

dentro le torri di Pietro e Paolo

e i vecchi ancora vivi

stanno seduti al sole in fila

sulle panchine di legno del parco

a osservare le processioni che entrano ed escono

funerali il mattino

sposalizi il pomeriggio

campana lenta il mattino Campana veloce il pomeriggio

dentro una porta fuori dall’altra

i vecchi stanno seduti coi loro cappelli

a guardare l’andirivieni

Li avete visti

quelli che danno da mangiare ai piccioni

e tagliano il  pane raffermo

col pollice e il temperino

quelli con i vecchi orologi da tasca

quelli con le mani nodose

e le sopracciglia cespugliose

quelli con i pantaloni sformati

con cintura e  bretelle

i bevitori di grappa con i denti come il frumento

i piemontesi i genovesi i siciliani

con l’odore d’aglio e salsiccia piccante

quelli che adoravano Mussolini

i vecchi fascisti

quelli che adoravano Garibaldi

i vecchi anarchici che leggevano L’Umanità Nova

quelli che adoravano Sacco e Vanzetti

Ormai se ne sono andati quasi tutti

Se ne stanno seduti ad aspettare il loro turno

a prendere il sole davanti alla chiesa

sulle cui porte è incisa una frase che sembra incompleta

dal Paradiso di Dante

sulla gloria di Colui

che muove tutto…

I vecchi aspettano

che sia finita

che il loro glorioso periodo sulla terra

sia finito

la campana lenta continua a suonare

i piccioni girano impettiti

senza nemmeno pensare di volare

l’aria troppo pesante di pesanti rintocchi

i carri funebri neri presi a noleggio si fermano

le limousine nere con le tendine nere

che proteggono le vedove

le vedove dai lunghi veli neri

che sopravviveranno a tutti loro

Le avete viste

Madre di terra, madre di mare

Le vedove escono dalle limousine

I familiari in lutto scendono con l’abito rigido

le vedove salgono allora adagio

gli scalini della cattedrale

veli a rete tirati giù

appoggiate pesantemente su braccia di stoffa scura

Le loro facce non sono prostrate

Sono soltanto distaccate

Sono sempre le matriarche

che sopravvivono a tutti

i vecchi dagos che muoiono

nelle Little Italy di tutta l’America

i vecchi dagos morti

portati via nel sole del mattino

che non porta il lutto per nessuno

Uno ad uno Anno dopo anno

vengono portati via

La campana

non smette mai di suonare

I vecchi italiani con facce rugose

scaricati dai carri funebri

dai portatori a pagamento

in giacconi da lutto mafiose & occhiali scuri

I vecchi morti sono portati via

nelle loro bare nere come piccole imbarcazioni

Entrano nella chiesa vera

per la prima volta da molti anni

in queste barche nere scolpite

pronte per essere traghettate

I preti vi armeggiano intorno

come per mollare gli ormeggi

Gli altri vecchi

ancora vivi sulle panchine

osservano tutto con il cappello addosso

Li avete visti seduti là

ad aspettare che la palla delle bocce smetta di rotolare

ad aspettare che la campana

smetta di suonare

ad aspettare che la campana lenta

finisca di suonare

di raccontare la storia incompleta del Paradiso

come si vede in una frase incompleta

sulla facciata di una chiesa

come si vede nella faccia di un pescatore

su una barca nera senza vele

che fa l’ultimo viaggio._
 

Trad. dall’inglese Ernesto R Milani