17 giugno 2006
 

Rosa: dalla paura all'America
 

In occasione della Festa del Solstizio d’Estate, organizzata come ogni anno dall’Ecoistituto della Valle del Ticino di Cuggiono, la Compagnia della Rondine ha messo in scena la trasposizione teatrale del libro “Rosa, la Vita di un’emigrante italiana” di Marie Hall Ets. L’idea maturata da Nora Picetti durante le varie celebrazioni di Rosa tenutesi a Cuggiono in questi ultimi anni, si è finalmente trasformata in realtà. Sotto la sua regia il gruppo di attori del territorio ha evidenziato le parti più importanti del racconto di Rosa con il risultato di  renderla ancor più parte della nostra memoria storica. Il folto pubblico che ha assistito alla recita ha potuto apprezzare la partecipazione dei giovani ad un evento del recente passato che normalmente si vorrebbe relegare a un pubblico di anziani. Ruolo attivo, dunque, nel metter a fuoco la nostra storia, senza  preamboli e addolcimenti e soprattutto senza amnesie.

Rosa nasce a Milano nel 1866. Portata all’Ospedale della Ruota di Santa Caterina come altri 5.000 bambini, è affidata a una famiglia di Cuggiono. Cresce, secondo i ritmi del tempo, quando i signori comandavano e i contadini dovevano chinare il capo.

Attenta e curiosa e a suo modo ribelle segue il percorso dei bambini senza giochi e così lavora in filanda, prima in paese e poi a Cannobio dalle suore cappellone, dove impara a leggere e a raccontare storie. Grande esperienza che le resterà impressa con nitidezza e che la presenza in scena della trieta, la macchina per sminuzzare le foglie di gelso fornita dal Museo Civico di Cuggiono, rende ancor più reale. Non riesce a superare l’adolescenza in modo normale. Il suo primo amore. i suoi sogni si infrangono contro la mancanza di coraggio dell’amato remo e la tradizione di obbedienza servile nei confronti dei genitori. Lena, la madre adottiva la costringe a sposarsi per contenere la sua irruenza e voglia di vivere. Il marito più vecchio e senza scrupoli la maltratta come si usava spesso ma finalmente nel 1884 parte per le miniere di ferro di Iron Mountain nel Missouri. Rosa, che ha presto un figlio ma si ritrova donna in mezzo a bambine e soffre. Il marito la manda a chiamare e la madre la costringe a partire tenendo in custodia il figlio. Rosa segue la trafila dell'emigrante e delle sue disavventure partendo dal porto francese di Le Havre.  Il campo minerario si rivela durissimo.

Ma Rosa riesce a sopportare molte fatiche con la sua fede nella Madonna e l’aiuto di  un toscano, Gionin che le vuole davvero bene. Rosa torna in Italia nel 1890 con il figlio nato in America. Si sente forte. Ha meno paura di prima. Affronta mamma Lena diversamente. Si riprende il figlio e torna nel Missouri. Il marito la tormenta e i suoi loschi affari e le sue minacce la inducono a fuggire a Chicago aiutata da Gionin.

A Chicago le vicissitudini non finiscono ma Rosa riesce ad aver una vita più tranquilla con Gionin. Rosa trova ospitalità e lavoro presso i Chicago Commons una casa di accoglienza  gestita dal reverendo metodista Taylor. Qui Rosa sarà semplicemente una donna delle pulizie e anche cuoca. Poco alla volta però incomincia a raccontare storie come aveva fatto a Cannobio. Quelle della fanciullezza, quelle sentite in giro quando era bambina. E tutti l’ascoltano estasiata perché sa raccontare e la arte drammatica non conosce l’ostacolo della lingua.

Ha altri tre figli e si appassiona al cinematografo ma le sue disavventure sono sempre superare dalla sua fede ancestrale nella Madonna, dai suoi ricordi positivi. Nel 1918 incontra Marie Halls Ets, un’assistente sociale che ha perso da poco il marito e Rosa la consola e comincia a raccontarle la sua vita, le sue storie. Marie le raccoglie meticolosamente per due decenni. Il manoscritto con le memorie e le favole furono consegnati a Rudy Vecoli, direttore del Centro Studi di Storia dell’Immigrazione di Minneapolis e pubblicati,in parte, nel 1970. Nel 1975 durante un soggiorno al centro, Philip Notarianni mostra ad Ernesto R Milani una storia che gli sembra lombarda, anzi di Cuggiono. I nomi sono stati soltanto cambiati per motivi di diritti d’autore, ma a Cuggiono i tempi sono ancora bui e non c’è responso. Nel 2003 il libro viene tradotto con un’operazione corale condotta dall’Ecoistituto della valle del Ticino per renderlo parte integrante della memoria collettiva.

Oggi la vicenda  di Rosa, che rievoca la vita contadina dell’Alto Milanese tra il 1870 e il 1890, rivive nelle scene che richiamano molti episodi della sua vita e la narrazione integra ciò che non si può mettere in scena.

Grande tema di riscatto. Rosa rappresenta le donne che nell’emigrazione hanno sofferto tanti quanto gli uomini._