30 novembre 2009

 

Amalia Foggia Moretti

 

Amalia Foggia Moretti fu una donna eccezionale: laureata in scienze naturali e medicina riuscì a bilanciare la sua professionalità nell’aiuto sociale in settori apparentemente diversi tra loro.
In genere si concede abbastanza spazio allo studio delle migrazioni all’estero, un po’ meno a quelle regionali e ancor meno a quelle interne alle diverse regioni italiane. Ad esempio, mi imbatto frequentemente in persone che hanno lasciato Mantova e la provincia per stabilirsi in altre città della Lombardia, ma non ho traccia di una ricerca sistematica che ne illustri le vicende. Niente di campanilistico ovviamente, ma soltanto la consapevolezza che una parte della storia della regione Lombardia richiede un’attenzione diversa.
Tra le numerose persone che lasciarono Mantova  mi piace citare Amalia Foggia Moretti, nata  a Mantova l’11 maggio 1872 e deceduta a Milano l’11 luglio 1947. La sua biografia la vede allieva del liceo Virgilio di Mantova e della facoltà di scienze naturali dell’università di Padova. Accortasi di avere un grande interesse per la medicina  si iscrisse  a Bologna. Dopo la laurea si specializzò in pediatria, ebbe esperienze e specializzazioni diverse prima di approdare all’ambulatorio della Poliambulanza di Corso Venezia a Milano dove prestò servizio per oltre quarant’anni e dove conobbe il dottor Domenico Della Rovere che sposò nel 1903. Il lavoro di medico in prima linea la portò a stretto contatto con le classi sociali più bisognose sia in termini economici sia di conoscenza.
Negli Anni Venti,casualmente, ma non per caso, il direttore della “Domenica del Corriere” Carlo Zanicotti la invitò a tenere una rubrica di informazione medica sulla rivista che stava rapidamente affermandosi. La dottoressa Moretti scriveva sotto lo pseudonimo di dottor Amal in quanto un medico donna non sarebbe stato credibile. Fu da queste colonne che dispensò consigli pratici, assecondando a volte la tradizione e le credenze popolari, ma affermando a poco a poco la superiorità della nuova medicina. Ebbe un successo enorme. Il direttore della “Domenica del Corriere” le concesse pure una rubrica dedicata alla cucina. E’ proprio questa sua specialità le diede una vasta notorietà che continua nel tempo. E’ proprio lei, la dottoressa Amalia Foggia Moretti in Della Rovere, la Petronilla della  sezione “Tra i fornelli” che per anni dispensò ricette, modi di dire, modi di fare per una generazione di massaie che avevano scarse conoscenze generali e soprattutto poca disponibilità economica, ma necessità di un’alimentazione adeguata. E’ sempre la stessa persona che ebbe un grande rapporto di amicizia con la poetessa Ada Negri, conosciuta per caso durante una visita alla città di Milano di cui è rimasto un numeroso ed interessante carteggio appena pubblicato da Daniele Rota.
I numerosi libri di ricette, ormai rintracciabili soltanto in ristampa o nelle biblioteche, illustrano un periodo di trasformazione del costume italiano che ha nel cibo uno dei suoi pilastri fondamentali.
In omaggio a Petronilla e a Mantova quoto la ricetta del “ Risotto alla pilota” che come si potrà osservare non è soltanto un elenco di ingredienti e di modi di operare, ma un invito alla lettura e alla riscoperta di Amalia Foggia Moretti.
Risotto alla “pilota”? Perché alla “pilota”?
Perché, non richiedendo né speciali e costosi condimenti, né un continuo rimescolamento,né fuoco per parecchio tempo,è quello che,nei molini delle nostre plaghe risicole, usano cucinarsi i “piloti” (o pilatori) cioè coloro che nelle “pile” (o pilerie) attendono alla sbucciatura del riso.
Perché, soprattutto richiedendo per condimento 1-2-3 di quelle “salamelle” che son fatte con grassa e sapida carne di maiale ancora fresca,riesce sempre assai “appetitoso”, sempre molto “nutriente”, sempre di “spesa relativa”, e (sebbene pesantissimo per stomachi delicati) sempre “ben digerito” specie…da chi lavora di braccia e di spalle per trasportare sacchi pesanti. Questo risotto, dai piloti all’aperto e sulle porte dei loro molini ; e da noi, donne dell’Alta Italia, nelle nostre cucine, vien fatto così :
Si toglie alle salamelle ( 1 ogni 2 persone) la pelle; se ne versa il sapido contenuto, con poco burro, in un tegame; si pone il tegame al fuoco; e si fa cucinare per 5 minuti.
Si mette a bollire, nella pignatta, acqua pochissimo salata chè parecchio salato sarà il condimento; e si monda il riso (1 etto e ½ , o 2 etti per persona, a seconda degli appetititi).
Quando l’acqua, vi si versa il riso servendosi di un foglio di carta (non della tafferia)  e cercando che il riso, lento cadendo, vada formando, dentro alla pignatta, una montagnetta appuntita.
Mestolo dopo mestolo, si toglie allora acqua fino a che il suo livello toccherà, appena appena, la punta della montagna di riso.
Si lascia, allora, “levare” il bollore ; dopo 2 minuti, si toglie la pignatta dal fuoco; prendendola per il manico, la si gira un pochetto di qua, un pochetto di là, in modo che il picco della montagna un po’ si appiani; si aggiunge il condimento di salamelle; si informaggia in abbondanza con parmigiano grattugiato e al quale si avrà aggiunto un pizzichino di cannella in polvere ; si dà una mescolata ;  si copre la pignatta prima con un tovagliolo ripiegato, indi con il suo coperchio; e la si circonda con un panno perché si mantenga calda.
Quando, da poco più di un quarto d’ora, il riso sarà andato, oltre che bevendo tutta la sua acqua, anche cucinando…si scopre la pignatta; si assaggia il risotto; e, se lo si trova al giusto salato e cotto (cioè un po’ al dente) lo si serve.
Se, essendo ben saldi tutti gli stomachi familiari, ammannite pur voi il risotto alla “pilota”, sentirete quant’esso riesca squisito; e avrete inoltre la prova “palmare” che, fra i tanti suoi pregi, il riso presenta pure quella di cucinarsi anche lungi dal focolare.
Ricetta della stessa dottoressa Amalia Foggia Moretti, figlia di una stirpe di farmacisti di Mantova, una delle prime donne italiane a laurearsi in medicina nel 1898 discutendo la tesi : “Le  ovaie nelle peritoniti sperimentali”._