20 novembre 2006

 

I figli dei piacentini di New York e i giovani di Piacenza

 

L’esperienza dei piacentini può ispirare i rapporti con tutti i gruppi d’emigrati mantenendo e migliorando i legami affettivi e soprattutto commerciali.

Sono tutti in carriera e tengono molto alle radici. Maria: "Ho tanta nostalgia di nonna Santina".

Siamo alla quarta generazione, in alcuni casi anche alla quinta, dei piacentini di New York e d'America. Italoamericani che hanno nomi americanizzati, cognomi italiani e piacentini. Sanno parlare un italiano stentato, ma ricordano le parole in dialetto piacentino (hanno avuto i nonni come maestri).

Sono giovani brillanti, in carriera che non sempre seguono le orme dei genitori. E così, tra i piacentini d'America, ci sono figli di ristoratori diventati avvocati, figli di baristi che sono poliziotti, ragazze che fanno le insegnanti.

Incontriamo questi ragazzi alla grande festa dei piacentini di New York. Dieci di loro hanno vinto la borsa di studio che da 37 anni organizza Frank Forlini.

Ecco i loro nomi: Alexandra L. Maschi, Paul J. Forlini, Daniela G. Bruzzi, Samantha K. Bernardi, Antonio J. De Pasquale, Nicole Arnold, Stephanie L. Preli, Jacqueline N. Foti, Daniele J. Nichilo, Ilana A. Marks-Moses.

Ci sono anche i piacentini che in questi ultimi anni sono venuti a New York non come emigranti ma come professionisti perché chiamati in grandi studi d’avvocati o di architettura. Come Matteo Milani, 33 anni, figlio dell'artista Giorgio Milani. Da tre anni frequenta New York, da un anno ci lavora con la fidanzata Francesca. E' l'unico italiano (c'è anche un italoamericano) nel grande studio internazionale d’architettura "Pei Cobb Freed & Partners Architects". Stanno progettando un grattacielo in Turchia.

Come Stefano Campolonghi, 30 anni, figlio degli imprenditori piacentini della IMAC Gaetano e Margherita Margaroli. Stefano è un giovane e brillante avvocato. Ha fatto il master alla Columbia University di New York e ora lavora nello studio legale Clifford Chance, uno dei più grandi al mondo con sedi a Londra, Milano, Parigi e New York. Anche la sua ragazza, Roberta Pimentel, brasiliana, conosciuta alla Columbia University, fa l'avvocato ma in un altro importante studio legale internazionale il "Sullivan & Grolwell LLP" a Broad Street.

C'è chi studia a New York, come Laura Molinari, 23 anni, di Rivalta, ma ora abitante con la famiglia a San Nicolò. Vive in una contea a nord di New York al "Westchester Community College". E' qui da due anni e mezzo, ed ha ottenuto qualche giorno fa il visto per altri cinque anni, per concludere gli studi americani. Prenderà la laurea in Comunicazione e Media. "Ho studiato al Colombini. Ho sempre amato New York. Ho trovato un programma su internet e ho deciso di venire in America. Ma penso sempre a Piacenza, ce l'ho nel cuore. M’informo tutti i giorni di quello che succede a Piacenza, ma non so se tornerò. Le mie amiche all'inizio mi hanno detto se ero matta. Adesso sono orgogliosi di me. Anche i miei genitori sono contenti".

Valentina e Diego Segalini, figli di Peter, sono ragazzi americani a tutti gli effetti. Valentina ha 21 anni fa la psicologa: "Di Vigonico di Bettola mi piace tutto, mi piacciono i valori della famiglia". Diego ha 26 anni, ed è consulente finanziario in un gruppo non profit: "Sì, sono nato a New York, ma ogni giorno mi confronto con la storia del passato della mia famiglia, con le radici piacentine che mi aiutano a scommettere sul futuro".

Daniela Bruzzi, studia Comunicazione all'Università, è originaria di Bettola (lo è il papà Pierluigi). La mamma, Maria Teresa Mosconi è di Cogno San Bassano. "Sì - dice in un italiano appena comprensibile - ricordo la casa della nonna. Ho tanta nostalgia di nonna Santina. Quando vengo in Italia sto con la nonna. La cosa più buona che fa è la marmellata di prugna. Mio papà aveva 17 anni quando è venuto in America".

Antonio De Pasquale ha origini di Casali di Morfasso, studia in un college di Manhattan: "Non sono mai venuto in Italia. Conosco qualche parola in dialetto, come "mäledücä", che mi ripeteva mia nonna quando facevo il birichino. Mi diceva "ve' chemö, mäledücä". Sì, la prossima estate verrò in Italia a vedere i miei cugini"._

 

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