28 maggio 2009

Cesare Alberti

Cesare Alberti, il veneziano ritenuto il primo italiano a stabilirsi definitivamente sul suolo nordamericano sarà celebrato il 2 giungo 2009, proprio in occasione della festa della repubblica italiana.
Giulio Cesare Alberti fu battezzato nella chiesa di San luca a Venezia il 20 giugno 1608, figlio di Andrea, segretario del tesori ducale di Venezia e di Veronica. Ad un certo punto della sua vita divenne marinaio e trovò lavoro in Olanda. Viste le relazioni tra Venezia e il mondo la cosa non stupisce più di tanto. Fu al servizio del comandante David Pieterson De Vries durante un viaggio nel 1634 in Guyana e quindi in Virginia, ma abbandonò la nave e si stabilì a Nieuw Amsterdam, fondata da una decina d’anni dagli olandesi e prossima a diventare un giorno New York, nel 1635.
I dati relativi ad Alberti sono ricavati dai registri della Chiesa Riformata Olandese la cui fede abbracciò allorché nel 1642 sposò Judith Jans  Manje, figlia di  Van Manje da New Kirk, Fiandre, da dove la famiglia di lei era presumibilmente fuggita in seguito a persecuzioni religiose. Ebbero  7 figli e una numerosa discendenza, tuttora presente soprattutto come Alburtis e Burtis in tutti gli Stati Uniti. Allora Alberti viveva in Heesen Gracht, l’attuale Broad Street. Diversi documenti provano che fu uno dei primi coltivatori di tabacco di Long Island e che dispose di svariati appezzamenti di terreno.
Alberti morì nel 1655 probabilmente per mano dei nativi, seguito quasi subito dalla moglie. La memoria di questo primo colonizzatore di Malamocco si perse nel tempo e fu riportata alla luce da John N. LaCorte, il fondatore della Italian Historical Society of America che per anni tentò di far mettere il cippo che ricorda Alberti in una zona visibile di un parco pubblico di New York. Il suo sogno diverrà realtà il 2 giugno 2009 quando il cippo sarà trasportato al Bowling Green Park, un piccolo parco vicino alla zona finanziaria di Manhattan, dove sorgeva Fort Amsterdam.
Durante la pausa pranzo qualcuno osserverà il nome di Alberti, magari sorridendo. Pensando che già allora noi, italiani si intende, c’eravamo già._