24 ottobre 2009
Museo nazionale
dell’Emigrazione Italiana
Venerdì 23 ottobre 2009 il Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano ha inaugurato a Roma il Museo nazionale
dell’Emigrazione Italiana. Durante la visita ha ripetuto che l’Italia
non deve dimenticare di essere stato un Paese di emigranti, cosa di cui
si rammenta ogniqualvolta si reca all’estero e può rendersi conto di
quanto hanno fatto gli italiani nonostante le dure condizioni
incontrate. Ha pure ricordato che deve riflettersi nell’accoglienza da
dare agli immigrati che oggi, invece, percorrono le strade d’Italia alla
ricerca dello stesso benessere per cui lavorarono i nostri antenati.
Il Museo, opera insigne del lavoro effettuato dal Ministero degli Affari
Esteri in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, è stato aperto al pubblico da sabato 24 ottobre 2009 negli
spazi della gipsoteca del Complesso Monumentale del Vittoriano, lato Ara
Coeli.
Alla cerimonia di apertura ha partecipato il presidente della provincia
di Lucca Stefano Baccelli, soprattutto presidente della Fondazione Paolo
Cresci che ha avuto una parte molto attiva nella realizzazione del
progetto e nell’arricchimento dell’esposizione con una serie di oltre
200 immagini, una novantina di documenti, il docu-film sulla tragedia
marittima dell’Arandora Star ed altro importante materiale
d’archivio. Il compianto professor Rudi Vecoli, lucchese di origine e
fondatore dell’Immigration History Research Center di Minneapolis,
Minnesota si sarebbe certamente congratulato per questo importante
risultato che colma una grande mancanza nella storia italiana.
Ad un passo dal 150° anniversario dell’Unità d’Italia, questo museo
celebra opportunamente un periodo largamente trascurato che ha coinvolto
tutte le regioni d’Italia. Si parla sempre di numeri vaghi, ma anche se
le statistiche sono incomplete, sono oltre 26 milioni gli italiani che
hanno varcato la frontiera nella speranza di una vita migliore dal 1876
al 1976. Le loro storie sono qui raccontate con mezzi diversi, che
vanno dai documentari alla cinematografia alla letteratura per
continuare con le riviste e i giornali del periodo e continuare poi con
oggetti, lettere, fotografie. Il tutto per dare un’immagine completa del
fenomeno e per spingere ad un approfondimento ancora maggiore.
Si osserva questo museo con un pizzico d’invidia. La Lombardia non ha
tuttora un’opera che racconti in breve la vicenda migratoria. Tanti
studi locali sull’arco alpino e le zone lacustri, tante piccole realtà
poco collegate tra di loro. Tanti piccoli centri di raccolta di
materiale, collezioni, slegate. Manca tuttora un museo dell’emigrazione
lombarda che possa essere da faro per tutti. Roma rappresenta un po’
ciò che è Ellis Island per gli americani o Pier 21 ad Halifax per i
canadesi, ma non esaurisce la necessità di avere una forte realtà
lombarda da aggiungere con forza a quella nazionale._ |