29 gennaio 2007
A partire dagli Anni Sessanta anche i nipoti degli immigrati più recenti hanno cominciato a cercare le loro radici. Dopo li hanno seguiti in molti. Alex Haley con la pubblicazione del suo libro “Radici” nel 1976 ha risvegliato la coscienza degli afro-americani e li ha spinti alla ricerca delle proprie origini per avere un’identità diversa, sulla scia di quanto egli stesso aveva fatto per documentarsi mentre si accingeva alla stesura del suo famoso libro. La medesima cosa è successa, però, a tutti gli americani che, dopo le celebrazioni del Bicentenario della fondazione degli Stati Uniti d’America hanno capito che il cosiddetto melting pot (crogiolo di razze) si era in realtà frantumato per dare origine a una specie di insalata mista, e hanno così cominciato anche loro a ricercare i loro antenati. Il fenomeno è iniziato soprattutto con la terze generazioni, abbastanza staccate dall’esperienza migratoria e interessate a qualcosa di più della nascita del nuovo e che si rendeva conto che la loro storia era sì cominciata ad Ellis Island o in qualche altro porto americano, ma con propaggini che si spingevano ben oltre. Troppo recente e breve la storia americana per dare un senso compiuto al nuovo cittadino. Troppi i legami di sangue, religiosi e tradizioni ancora vivi nella memoria e in parte ancora presenti. Così ha attecchito il boom della genealogia; dapprima ci si doveva affidare a pochi documenti o vaghi ricordi personali e alla monotona e lenta ricerca negli archivi cittadini e statali. Poi sono arrivati i microfilm, anche quelli delle navi passeggeri arrivate nei porti americani. Lavoro intenso negli archivi nazionali di Washington, di Ottawa e di molti altri stati coinvolti con le migrazioni. I pionieri hanno cominciato così, raccogliendo qua e là. Censimenti, riviste, giornali, luoghi di culto, cimiteri, racconti, libri, fotografie, oggetti. Poi un giorno è arrivato Internet e così il lavoro di trascrizione compiuto dai seguaci della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, meglio noti come Mormoni ha avuto un grande riconoscimento. I siti e i volumi pubblicati da innumerevoli altre fonti sono aumentati a dismisura e le fonti da cui trarre i dati informativi si sono centuplicati. Ora per fare ricerca c’è soltanto l’imbarazzo della scelta e della spesa. Che cosa spinge sia gli americani sia gli italiani a riannodare i fili con il loro passato?. Desideri e motivazioni diverse. Per gli americani si tratta di venire a patti con un’identità che ha perso, se mai l’ha veramente avuto, un modello da seguire e dar loro la possibilità di stabilire un nesso con il loro essere americani, ma con una o più tradizioni nell’anima. Alcuni gruppi, come ad esempio gli ebrei, hanno davvero tagliato i ponti con un passato che voleva farsi dimenticare e per loro Ellis Island rappresenta la nuova vita, ma a giudicare dalla moltitudine di siti ad essi dedicato, il desiderio di capire e conoscere la storia della loro provenienza resta fortissimo. I genealogisti sono spesso accusati di focalizzare il loro interesse attorno al proprio nucleo familiare composto di nomi, cognomi, soprannomi, date di nascita e di morte, soltanto per ricostruire e tramandare le origini familiari, i legami di parentela e le discendenze varie senza tessere un racconto preciso e legato alla realtà circostante. Questa affermazione è in parte veritiera perché molte volte si potrebbero analizzare dati, consultare studi più generali o specifici, ma se pensiamo all’amnesia storica che ha distrutto così tanti documenti soprattutto negli anni sessanta, è interessante notare come molti paesi italiani hanno costituito gruppi di lavoro dedicati alle vicende migratorie. Gli studi, a volte, sono svolti in ambito unidirezionale o parrocchiale, ma il fatto importante sta nel volere analizzare un periodo particolare della nostra storia che ancora soffre di stereotipi. Paura di raccontare le cose come stavano. Ogni ricerca conta e la genealogia crea spesso la voglia di indagare maggiormente. Una volta messo in moto il collegamento con il passato diventa più facile passare alle fasi successive quando si possono coagulare certamente altre forze per diventare più critici. La tecnologia offre innumerevoli strumenti per cercare i dati richiesti. Ma che cosa si può trovare? Ad esempio attraverso le liste delle navi passeggeri si può risalire al piroscafo utilizzato per partire verso la destinazione della persona. Gli elenchi più dettagliati riportano il nome della nave, la foto della medesima, il giorno di partenza dal porto di Genova o altri porti europei e l’arrivo a New York o in un altro porto, il nome del capitano. A seguire nome e cognome del passeggero, sesso, età, professione, alfabetizzazione, nazionalità (gli italiani erano divisi italiani del nord e del sud senza grandi criteri. I mantovani ad esempio erano indicati sia a nord sia a sud, mentre Mantova era spesso segnalata in Austria), nome dei congiunti lasciati in Italia, località di destinazione in USA oppure altro Paese. Le annotazioni riportano, anche se si disponeva di biglietto di prosecuzione, chi aveva pagato il nolo marittimo, l’ammontare del denaro posseduto, un eventuale soggiorno precedente e la località, la destinazione finale e l’indirizzo di riferimento. Infine i dati anagrafici e il luogo d’origine in Italia. La medesima cosa avviene per i dati dei censimenti che fotografano la persona con altri dati che servono a rendere il quadro sempre più completo. L’analisi di questi primi documenti consente di avere un quadro approssimativo dei movimenti di una persona o di un gruppo. La genealogia è quindi il punto di partenza di un viaggio attraverso la vita di altre persone che non ha uguali. Recentemente tutti gli archivi italiani sono stati subissati da richieste d’informazioni dai nipoti di Italiani emigrati soprattutto in America latina che tentano di ricostruire l’albero genealogico per poter avere i requisiti della legge che permette loro di avere il passaporto italiano. Per alcune persone è facile rintracciare gli antenati, per altri impossibile. Per i nipoti dei tanti esposti, ovvero i bambini abbandonati negli ospedali pubblici delle città italiane, la ricerca è quasi vana in quanto spesso non si conosce il nome dell’istituzione dove erano stati accettati. Gente che era partita senza documenti o li aveva distrutti, ha lasciato solo un vago ricordo del luogo di nascita, spesso la provincia e non il paese. In questo modo il passaporto ambito spesso sfugge e così l’Europa e il Nord America svaniscono. Passaporti cercati anche da americani e canadesi che con quello italiano ed europeo possono lavorare senza permessi di soggiorno e anche viaggiare più sicuri con passaporti di Paesi fuori del mirino dei terroristi. Genealogia è anche tutto questo. L’esperienza di www.lombardinelmondo.org mette in evidenza il lavoro individuale di ricerca fruibile da parte di un pubblico legato soprattutto alla Lombardia che può comunque notare un certo modo di fare ricerca , di raccogliere documentazione e di andare al di là dei semplici dati personali._ |