23 febbraio 2008
 

Emigrazione Lombardia

 

Una rassegna letteraria di scrittori americani di origine italiana comporta spontaneamente il riferimento all’emigrazione. Quando questo accade in Lombardia, l’accostamento all’immigrazione sembra più appropriato alla luce del recente passato, che ha trasformato la regione in seguito  all’immigrazione interna seguita da quella da altre parti d’Italia e continuato poi con quella da altri paesi europei ed extraeuropei. Queste successioni, mai completamente amalgamate, hanno creato la falsa impressione che il fenomeno migratorio lombardo sia stato di scarsa importanza. In realtà, proprio a causa della sua posizione geografica, la regione è sempre stata al centro di un movimento di persone culminato con la grande migrazione transoceanica verso le Americhe a partire dal 1870. La sua diminuzione è avvenuta soltanto dopo il 1924 a causa delle restrizioni imposte dall’amministrazione statunitense prima e da quella fascista poi, ma è ripresa dopo la seconda mondiale e continua tuttora anche se in maniera diversa. Ad esempio: frontalierato ed emigrazione professionale.

Le statistiche italiane, registrate soltanto dal 1876 e considerate fino al 1976, collocano la Lombardia al 4° posto in assoluto tra le regioni con il tasso più alto di migranti. Due milioni e duecentomila.

Molti di questi si stabilirono negli Stati Uniti. Tra le numerose personalità distintesi prima della guerra Civile annoveriamo il padre missionario domenicano Samuele Mazzuchelli (Milano 1806 - Benton, Wisconsin 1864) che ha lasciato una grande testimonianza della sua esperienza americana nel volume: Memorie Istoriche ed Edificanti d’un Missionario Apostolico dell’Ordine dei Predicatori far Varie Tribù di Selvaggi e fra Cattolici e Protestanti negli Stati-Uniti d’America, Milano, Boniardi-Pogliani, 1844. Oltre alla descrizione della vita missionaria e alle diverse cartine allegate, si può pure leggere il resoconto dell’incontro avvenuto nel 1843 con Giuseppe (Joseph) Smith il fondatore  della chiesa di Gesù Cristo dei santi degli Ultimi Giorni, la chiesa Mormone.

Tullio de Suzzara Verdi, nato nel 1829 a Mantova, si arruolò nell’esercito sabaudo e partecipò alla battaglia di Novara del 1849. Fu quindi esiliato in Francia e raggiunse poi gli Stati Uniti. Diventato medico omeopata di grande rilievo, fu il medico curante del segretario di stato William  H. Seward, famoso per l’acquisto dell’Alaska. La congiura contro Lincoln, perpetrata da Booth nel 1865, includeva anche l’assassinio di Seward. Si tramanda che il sicario, Powell, si sia introdotto a casa sua utilizzando proprio il nome di Suzzara Verdi come lasciapassare. I suoi libri “ Maternity, a Popular Treatise for Young Wives and Mothers (New York, 1869), “Mothers and Daughters: Practical Studies for Mothers” (New York, 1869), “Mothers and Daughters: Practical Studies for the Conservation of the Health of  Girls (1877) e “The Infant Philosopher” (1886) attestano la sua professionalità.

La grande migrazione coinvolse, invece, soprattutto i braccianti di cui fecero incetta i procacciatori d’affari e di carne umana legati alle compagnie di navigazione, specialmente nordeuropee e alle miniere americane. I lombardi partirono in larga parte da Le Havre per New York, e quindi per le miniere di carbone di Latrobe, Monongahela, Masontown, Unionville in Pennsylvania;  di Murphysboro, Herrin, La Salle in Illinois ; Castle Gate e Sunnyside nello Utah ; Dawson in New Mexico. E poi le miniere di rame di Butte e Walkerville, Montana e di Clifton-Morenci in Arizona. Per non scordare i campi minerari di ferro di Ironton, Missouri; di Iron Mountain, Hancock in Michigan oppure a Renton Washington. E’ pur vero che molti migranti della Valceresio si stabilirono a fare gli scalpellini a New York e nel Vermont, ma in generale pochi fecero i contadini. Il caso dei lonatesi di Walla Walla è particolare così come quello dei circa 300 mantovani della zona di Sermide ingaggiati per lavorare nelle piantagioni di cotone del Mississippi. Pochi, soprattutto comaschi, si impiegarono nei setifici di Passaic, Paterson e West Hoboken nel New Jersey, dove lavorò pure Gaetano Bresci. Come si nota l’inizio fu quello duro della miniera. Altri, sparsi a Rockford, Illinois oppure a Dorchester, Massachussetts oppure ancora a Detroit, Michigan e in California, si  aggiunsero alla schiera di manodopera generica di cui l’America aveva bisogno. Impossibile elencarli tutti.

Visto che siamo a Castel Goffredo vorrei citare gli unici tre migranti elencati a Ellis Island: Diogene Bellotti, minatore emigrato ad Oliver in Pennsylvania nel 1915;  Luigi Predasi, minatore emigrato nel 1907 a Scottdale sempre in Pennsylvania e Zefferino Lanzini emigrato nel 1909 a Readsboro nel Vermont.

Inutile, o per lo meno difficoltoso, tracciare la storia della loro esperienza americana. L’affrancamento richiese tempo e la loro trasformazione, quella metamorfosi che pochi ebbero il tempo di scrivere, è pressoché sconosciuta. La documentazione dei migranti è scarsa. La Lombardia non dispone di un centro studi centrale atto a raccogliere la documentazione e analizzarla con cura. L’occasione persa  ritarda la comprensione dei grandi fenomeni immigratori di questo periodo almeno a livello regionale e di conseguenza un passato recente sconosciuto e trascurato impedisce la lettura della vita odierna.

Per fortuna qualche frammento dell’emigrazione lombarda è arrivata sino a noi, neanche stessimo parlando del rinvenimento di monete del periodo romano. Nel 1970 il professor Rudi Vecoli, direttore dell’Immigration History Research Center di Minneapolis nel Minnesota, è riuscito a far pubblicare il volume Rosa, life of an Italian Immigrant di Marie Hall Ets dando così visibilità alla sua vicenda. Abbandonata dalla madre all’ospedale di santa Caterina alla ruota di Milano il 2 febbraio 1866, Rosa viene data in baliatico ad una famiglia di Cuggiono, in provincia di Milano dove cresce ed assorbe la cultura contadina. Si sposa presto e nel 1887 raggiunge il marito minatore ad Arcadia nel Missouri con cui ha ben presto contrasti insanabili: Nel 1893 fugge a Chicago dove trova ospitalità presso i Chicago Commons, una casa di accoglienza per immigrati. Qui diventa una raccontatrice di storie, quelle ascoltate attentamente da bambina nelle stalle e nei dormitori delle filande di seta lontana da casa. Proprio ai Commons conosce un’assistente sociale, Marie Hall Ets che per anni trascriverà tutto quanto Rosa racconta sia dell’Italia sia della sua vita a Chicago. Il libro non è altro che la narrazione della vita di Rosa cucita con cura dalla Hall che ha pure il merito di avere ricopiato anche le storie e le fiabe di Rosa, che costituiscono un patrimonio del folklore lombardo totalmente dimenticato che ritorna al luogo d’origine dopo lunghe peripezie. Abbiamo così la visione al femminile di uno spaccato inconsueto della vita nell’Alto Milanese della seconda metà dell’Ottocento, altrimenti perso per sempre. In tal modo Rosa diventa la protagonista della grande migrazione. Libro mediato ma dove l’autrice ha usato il linguaggio di Rosa ricalcandone il ritmo, la parlata, l’interpretazione della vita.

Trasformazione di una bambina abbandonata, cresciuta in una società dove i bambini spiavano i ricchi che mangiavano la minestra tutti i giorni, mentre a loro era riservata la polenta e il vino o il latte. Cuggiono, 6.100 abitanti nel 1881 e 4.800 nel 1931, ma oltre 2.000 soltanto sulle liste delle navi arrivate ad  Ellis Island. Trasformazione, dopo molteplici vicissitudini, che le fa dire : “In America ho imparato a non avere paura”.

Per tutto questo Rosa è diventata il simbolo dell’emigrazione femminile in America, scelta  dalla PBS statunitense nel 2004 per rappresentare la donna europea nel suo speciale documentario: Destination America.

Storie di Lombardia, per non dimenticare._