11 aprile 2006
Il dibattito sull’immigrazione formulato sulla base dei legami familiari
La nuova legge federale americana sugli immigrati clandestini suscita forti reazioni da parte dei senatori figli e nipoti di emigranti ancora legati alle loro radici. Durante l’acceso dibattito sull’immigrazione in Campidoglio, alcuni Repubblicani hanno dipinto gli immigrati come invasori, criminali e un carico per la società. Ma per il senatore Pete V. Domenici, repubblicano del Nuovo Messico l’immagine che gli viene in mente è quella della madre e del giorno che fu portata via dalle autorità. Era il 1943, la IIa Guerra Mondiale infuriava e gli agenti federali setacciavano Albuquerque alla caccia di Simpatizzanti italiani. Trovarono la mamma del signor Domenica, Alba V. Domenica, una donna dai capelli ricci, madre di quattro figli e presidentessa dell’associazione dei genitori e degli insegnanti locale (PTA) che per puro caso era un’immigrata clandestina italiana. Il signor Domenica, che a quel tempo aveva 9 o 10 anni, si mise piangere quando la mamma sparì con gli agenti in una grande macchina nera. Adesso a 73 anni, il signor Domenici ha sorpreso molti dei suoi colleghi quando ha preso la parola al Senato la scorsa settimana e ha condiviso la storia che finora aveva tenuto per sé. Questo importante racconto riflette una realtà più ampia che è passata quasi inosservata, mentre i Repubblicani litigavano sulla legalizzazione degli immigrati clandestini. Tra le voci repubblicane più appassionate di questo dibattito ci sono i legislatori con forti legami con l’immigrazione che hanno messo insieme i singoli elementi della storia della loro famiglia in una prospettiva che ha aiutati a formare le loro posizioni legislative. Lo stretto contatto ha convinto alcuni legislatori dell’importanza di concedere la cittadinanza agli immigrati clandestini, mentre altri che dovrebbe essere data con maggiore cautela. Il senatore Arlen Specter, repubblicano della Pennsylvania e presidente del comitato giudiziario che ha votato la legalizzazione di milioni di clandestini ha raccontato che i suoi genitori arrivarono negli Stati Uniti dalla Russia ai primi del ’900. Il senatore Jon Kyl, repubblicano dell’Arizona, che appoggia un programma di lavoro temporaneo più limitato, ha detto di essere cresciuto ascoltando i racconti dei suoi nonni arrivati dai Paesi Bassi prima del 1910. Mentre il senatore Mel Martinez, repubblicano della Florida, fuggito in Florida da Cuba nel 1962 quando aveva 15 anni, visse in orfanotrofi e in affido per quattro anni prima di potersi riunire con la sua famiglia. Questi uomini portano con sé i ricordi dei parenti che parlavano con i sonori accenti del loro paese, delle fotografie sbiadite in bianco e nero dei nuovi arrivati negli Stati Uniti e dei nomi di villaggi in posti lontani. Tutti e quattro sono favorevoli a leggi che permettano ai clandestini di lavorare temporaneamente negli Stati Uniti anche se le loro esperienze individuali hanno prodotto prospettive diverse sul problema della concessione della cittadinanza. Gli storici del senato affermano che nel 19° secolo e agli inizi del 20° i senatori nati all’estero e quelli con genitori immigrati erano molto comuni e i loro racconti sarebbero apparsi normali. Oggi, dicono i legislatori, le loro storie familiari, soprattutto quelle di Domenici, Specter e Martinez, offrono un insolito punto di osservazione. “Comprendo l’idea generale della famiglia con un padre americano e una madre che non le è ma che vivono, lavorano e che progrediscono” ha dichiarato Domenici la cui madre era sposata con un cittadino americano. “Mi rendo conto che sono uguali alle altre famiglie americane. Non ci sono differenze”. La madre di Domenici aveva tre anni, quando arrivò negli Stati Uniti dall’Italia con la sua famiglia e ne aveva 38 quando le autorità; andarono a cercarla. Era sposata con un cittadino americano nato in Italia proprietario di un negozio di una drogheria e pensava di avere i documenti in ordine. Dopo l’arresto in quel lontano giorno del 1943, la signora Domenica fu rilasciata con l’obbligo di tornare in famiglia. Nei sei mesi successivi completò la necessaria documentazione per diventare cittadina americana. Domenica aggiunse che la sua esperienza, lo persuase ad introdurre una legislazione che concederebbe ad un’immigrante clandestina come sua madre con profonde radici nella comunità la possibilità di diventare cittadina mentre alle persone arrivate più; recentemente sarebbe permesso di lavorare solo temporaneamente. Domenici non appoggia il disegno di legge passato da Specter al comitato, che non farebbe distinzione tra i nuovi arrivati e chi e’arrivati da molti anni. “ Si deve tentare di dare a queste persone arrivate da più di cinque anni la possibilità di avere un po’ di respiro, ” prosegue Domenici. Naturalmente i sostenitori dei programmi di lavoro temporaneo non sono soltanto quelli con genitori immigrati. Tancredo, repubblicano del Colorado, uno dei critici più accesi degli sforzi per legalizzare gli immigrati, raccontò del padre arrivato orfano undicenne dall’Italia ad Ellis Island agli inizi del 20° secolo prima di proseguire per le Montagne Rocciose. Tancredo meditò un po’, quando gli fu chiesto se l’ambiente degli immigrati avesse avuto un ruolo nella formazione del suo punto di vista e ripensò ai genitori della madre anche loro italiani. “Ripenso certamente al fatto che il loro più grande desiderio era quello di diventare americani,” disse Tancredo. “Quel desiderio di rompere con il passato e attaccarsi al futuro, parlare inglese, queste cose. Se c’è stato qualcosa, forse l’influenza è stata questa”. James A. Thurber, direttore del centro studi sul Congresso e sulla Presidenza della American University, ha affermato che i legislatori del Congresso hanno spesso riflesso, fino ad un certo punto, i dati demografici della nazione. Il dottor Thurber ha anche detto di credere che la corrente ondata immigratoria dall’America Latina aumenterà il numero dei membri del Congresso nati all’estero. “Avevamo grandi numeri al Congresso di rappresentanti della prima e della seconda generazione durante il 1800 e ai primi del 1900” ha detto Thurber. “Adesso per la maggior parte delle persone si parla di terza e quarta generazione. Si ricordano delle storie, ma non le sentono nelle viscere in quanto la loro integrazione è avvenuta attraverso i genitori”. Il senatore Specter dice di sentirle ancora. Conserva le vecchie fotografie appese al muro del suo ufficio dietro la scrivania di legno. C’è il padre, snello e solenne nella sua uniforme della prima guerra mondiale in piedi vicino alla giovane moglie agghindata di pizzo. Suo padre era fuggito dall’antisemitismo in Russia ed era arrivato negli Stati Uniti a 18 anni. Dopo la guerra si era stabilito nel Midwest dove aveva venduto meloni dal retro di una macchina e gestito una discarica. Specter assicura che le lotte e i successi dei suoi genitori hanno influenzato profondamente il suo pensiero nel portare avanti la legislazione sull’immigrazione attraverso il comitato giudiziario. “Parlate dell’America come una nazione di immigranti” disse, “ bene, i due miei migliori amici erano immigranti, mio padre e mia madre. Ho visto quanto hanno lottato. Hanno lottato con la lingua. Hanno lottato contro l’antisemitismo. Hanno lottato per vivere. E’ stata dura. Sapevi d’essere diverso. “Ecco perché ho tanta simpatia per gli immigranti. E capisco di più quello che gli immigranti hanno fatto in questo Paese” Il senatore Martinez, repubblicano della Florida, ha fatto eco a questi pensieri, affermando che il suo personale successo negli Stati Uniti lo ha convinto che data l’opportunità’ pure i clandestini ce la farebbero”. L’America ha il suo modo di farti entrare, accoglierti e di permetterci di diventare parte integrale.”. I senatori Specter, 76 anni e Martinez, 59 anni, i cui genitori sono fuggiti dall’oppressione nel Paese natale, sostengono un piano che alla fine darebbe la cittadinanza ai clandestini che vivono altri sei anni negli Stati Uniti, pagano le multe e le tasse arretrate e imparano l’inglese. Ma il 3 aprile 2006 Specter ha detto che sia lui che altri repubblicani avrebbero anche considerato un proposta in linea con quella di Domenica. Il senatore Kyl, 63 anni, repubblicano dell’Arizona, appoggia un programma più limitato. Raccontò dei nonni che si erano stabiliti in Nebraska, parlavano inglese con un forte accento e mettevano in risalto valori antichi, “frugalità e la capacità di farcela lavorando sodo, coraggio, onestà”. “Se fossero ancora vivi, disse Kyl, nel guardare clandestini dei nostri giorni scuoterebbero il capo.” Penso che si arrabbierebbero moltissimo con gente che non ha fatto le cose nel modo giusto”. La sua legislazione che prevede un programma di lavoro temporaneo senza la possibilità di residenza definitiva o di cittadinanza mette in rilievo che i clandestini non dovrebbero essere ricompensati per avere infranto la legge. Il senatore Domenici la vede in modo diverso. I suoi genitori sono morti, ma a volte la sua mente ritorna ai tempi della sua infanzia, alla memoria della madre che raccoglieva soldi per la scuola cattolica locale, la puzza dei sigari del parere e quel terribile giorno del 1943. Domenici decise di raccontare la sua storia quando la retorica ostile nei confronti dei clandestini si è arroventata. Voleva ricordare ai suoi colleghi repubblicani che i figli e le figlie dei clandestini di questo secolo potrebbero finire al Senato. Riguardo alla sua storia affermò che ” Non volevo far colpo su nessuno. Penso che metta soltanto un po’ di cuore e in po’ di anima in tutto questo.”_
Titolo originale: An Immigration Debate Framed by Family Ties by Rachel L. Swarns - Fonte H-ITAM@H-NET.MSU.EDU - Traduzione Ernesto R Milani |