10 aprile 2006
Negli USA i clandestini reclamano a viva voce
Il mancato accordo sulla nuova legge per
l’immigrazione denota la difficoltà nel trattare un tema così
complesso e così legato alla struttura medesima del Paese.
Quello che sta succedendo negli Stati Uniti in
queste ultime settimane è molto importante. Per la prima volta dopo
tanto tempo, centinaia di migliaia di persone stanno manifestando per i
loro diritti.
Si tratta delle comunità dei migranti, per lo più
ispanici. Negli Stati Uniti vivono 12 milioni di immigrati illegali, di
cui almeno la metà arriva dal Messico. Per pochi soldi fanno lavori che
gli americani non fanno più. Hanno rischiato la vita per attraversare il
Rio Grande e chiedono solo di poter avere una nuova possibilità di vita.
Lunedì 10 aprile le comunità scenderanno nuovamente
in strada e, contemporaneamente, marceranno in ben 60 città, per
protestare contro una legge che prevede il reato di clandestinità,
deportazioni, carceri e mille chilometri di muro alla frontiera con il
Messico. Inoltre per il 1 maggio gli indocumentados stanno organizzando
uno sciopero in tutti gli Stati Uniti per dimostrare che sono
indispensabili e che senza di loro l’economia del paese si troverebbe in
seria difficoltà. Alle marce partecipano anche le comunità degli
afroamericani e di altre organizzazioni, con il sostegno della chiesa
cattolica.
Il 7 aprile al Senato Usa, democratici e
repubblicani non hanno trovato l’accordo e la contestata legge
sull’immigrazione non è stata votata. Si trattava in sostanza di una
legge bipartisan che metteva insieme da una parte le norme repressive
contestate e dall’altra una sorta di sanatoria per una parte degli
indocumentados.
Contro queste proposte di legge sono scese in
strada intere comunità, come da tempo non succedeva. Sulla pelle dei
migranti, negli Stati Uniti, si sta giocando molto. Cosa succederà ora è
tutto da vedere.
Di sicuro le manifestazioni proseguiranno, sia
lunedì 10 aprile che il 1 maggio.
I milioni di invisibili e senza diritti sono
consapevoli di rappresentare qualcosa di molto importante per un paese
che da tempo ha perso la guerra esterna ed ora si ritrova a fare i conti
con una realtà interna che reclama diritti e cittadinanza a gran voce._
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